In uno schema semplificato, il tubo fotomoltiplicatore é costituito, in un contenitore sotto vuoto, da una finestra di ingresso, in genere di quarzo, all'interno della quale si trova uno strato di materiale fotosensibile: il fotocatodo. Questo é accoppiato ad un moltiplicatore di elettroni.
La luce incidente sul fotocatodo, tramite un processo di fotoemissione, produce dal materiale fotosensibile la fuga di elettroni. L'energia necessaria al processo é, per i fotoni blu/violetti tipici di alcuni scintillatori, dell'ordine di qualche eV. perché un elettrone sia emesso dal fotocatodo successivamente all'assorbimento di un fotone, occorre che l'elettrone stesso attraversi il materiale fotosensibile e superi la barriera di potenziale che separa il materiale dal vuoto all'interno del fototubo.
L'efficienza di questo processo viene caratterizzata dall' efficienza quantica del fotocatodo, definita come il rapporto fra il numero di fotoelettroni emesso ed il numero di fotoni incidenti sul fotocatodo. Nei casi di nostro interesse (cristalli inorganici) l'efficienza quantica é dell'ordine del 10% e comunque, anche nei casi più favorevoli, sempre entro il 20-30%.
Una volta emessi dal fotocatodo, gli elettroni sono accelerati verso la superficie di un elettrodo, il primo dinodo. Una scelta opportuna del materiale del dinodo fa sí che l'energia depositata dall'elettrone incidente risulti nell'emissione di più di un elettrone. Il processo viene iterato, normalmente, per un opportuno numero di volte sino all'elettrodo di raccolta della carica cosí prodotta.
Se
é il numero di elettroni secondari per elettrone incidente ad ogni
dinodo, il guadagno complessivo del tubo fotomoltiplicatore sará
dove N é il numero totale di dinodi, f é il fattore di
raccolta fotocatodo-primo dinodo (normalmente dell'ordine del 90%) e g
é l'efficienza di trasferimento degli elettroni fra i dinodi (normalmente
dell'ordine del 100%). Il prodotto
é dell'ordine di 4.5 per moderati voltaggi operativi. Il guadagno
complessivo é dell'ordine di 106
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