Le informazioni che mancanoSembra che su Internet ci stiano andando, chi prima chi poi, tutti. Ogni giorno qualche società, azienda, istituto, organizzazione, gruppo, ente e chi più ne ha più ne metta inaugura la sua bella homepage sulla rete. Qualcuno decide di fare un sito che in qualche modo dia qualcosa di più, o di diverso, o ancora di complementare rispetto a quello che il soggetto offre nella realtà "normale". Qualcun'altro decide di istituire una sorta di rappresentanza, come fosse un'ambasciata, sulla rete, giusto perchè bisogna esserci e fa tanto moderno e innovativo. C'è poi una categoria a parte, parlo delle istituzioni, delle università e delle autorità, che va su Internet non perchè pensi che così si producano dei vantaggi per la comunità, non perchè pensi che le informazioni che porta con gran fatica nel mondo "normale" (di nuovo) potrebbero essere divulgate a tutti, ma solo perchè è inevitabile che ci vada.
Prendiamo le università. In un posto dove si studiano le cose da sapere per il domani sembra assurdo che non si sbarchi su Internet. Nelle facoltà scientifiche, poi, Internet c'è da sempre, prima ad uso dei soli ricercatori e dei laureandi, ora le cose sono un po' migliorate. Fioccano allora i siti delle università italiane, con le loro copertine, gli statuti, le facoltà, i professori, perfino gli indirizzi esatti, ovvero tutte quelle miriadi di informazioni di cui lo studente non ha bisogno per conseguire il suo corso, e che in generale sa già. In Italia c'è la più bassa percentuale di laureati del mondo industrializzato. Non stento a crederlo. Senza andare tanto lontano, prendiamo l'Europa, i nostri vicini tedeschi, francesi, spagnoli o inglesi, o ancora gli svizzeri, i belgi...Vi risparmio come sono organizzati i corsi lì, dove lo studente è preso per mano da quando entra all'università a quando trova il primo impiego, e se sgarra, guai per lui e addio alla laurea se non rientra in tempo. In un sito di un qualsiasi ateneo europeo lo studente trova le informazioni che gli servono per non perdere tempo: l'orario dei corsi, gli argomenti dei corsi, le materie da sapere e i libri da acquistare, e per ogni materia c'è la homepage del relativo docente, che a sua volta da consigli e trucchi per superare con profitto il suo esame. Magari saranno pagine orribili, spoglie o con uno sfondo giallo ocra, ma in fondo ci trovate sempre l'indirizzo e-mail di qualsiasi carica accademica, e per i docenti, anche il numero di fax o di telefono. Quante ce ne sono di queste cose in Italia? Poche, pochissime, e quasi sempre per iniziativa dei singoli, mai degli istituti.
La differenza sta proprio in quelle informazioni che nella realtà normale non si riescono a trovare o a sapere se non perdendo un'enormità di tempo, o peggio, facendosi amico qualche aiutante, qualche assistente. E' inutile mettere su Internet un sito che informa che l'Università di Roma (un esempio "inventato") sta nel quartiere Parioli e che i corsi sono Economia, Ingegneria, Scienze, ecc., e poi il nulla sotto vuoto spinto. A che serve? Allo studente sapere che la propria facoltà sta all'indirizzo in cui si reca tutti i giorni serve a poco. Forse già qualche numero di telefono può essere utile (non parliamo di indirizzi e-mail), ma è la mentalità ad essere sbagliata. Si dovrebbe solo pensare a mettere in grado lo studente di sapere tutto quello che è necessario per il suo corso. Perchè il fine dovrebbe essere fargli prendere la laurea, non fargli perdere tempo ad andare su e giù per gli enormi atenei italiani a cercare un'informazione che su Internet potrebbe trovare in cinque secondi. Il mio punto di vista, poi, è quello delle migliori facoltà. Mi dicono che per le facoltà meno 'tecniche' e più tradizionali la situazione è ancora meno fluida: sembra che le cose siano strutturate in modo da rimanere difficili agli studenti, nel corso normale; di Internet, poi, non vogliono neanche sentirne parlare! Applicate lo stesso concetto per i siti delle nostre istituzioni (per quei pochi presenti, intendo) e traete le conclusioni da voi stessi. Ne riparliamo tra due mesi. Luciano Giustini |
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